GAT - Gruppo Astronomico Tradatese

Lettera n°71

Giove e la Galileo (II parte)

Sommario:

A TUTTI I SOCI

Prima di continuare, come annunciato nella lettera N.70, il nostro resoconto sulle SCOPERTE DELLA SONDA GALILEO (con le ultime notizie sui satelliti gioviani Europa, Ganimede e Callisto) spendiamo qualche parola sulla COMETA HALE- BOPP (cui e' dedicata la rubrica CCD News) perche' sembra proprio che si stia confermando la piu' grande cometa di questo secolo.

Lo dimostra l'aumento continuo di luminosita' che le ha permesso di raggiungere a meta' Febbraio'97 (ovvero due mesi prima del perielio!) la magnitudine m=1, divenendo quindi visibilissima ad occhio nudo prima dell'alba, ad Est, sotto la costellazione del Cigno.

Lo dimostrano gli incredibili fenomeni (getti, shell o gusci, burst) che abbiamo osservato in immagini CCD relative alla zona nucleare e riprese, come sempre, presso la Stazione Astronomica di Sozzago.

Lo dimostrano, in campo spettroscopico, un enorme rilascio di molecole tipiche come il radicale OH (ossidrile da dissociazione dell'acqua), il radicale CN (cianogeno) e l'ossido di carbonio CO, e un gran numero di molecole rarissime, normalmente visibili solo attorno al perielio (tra queste, importantissima, la formaldeide HCHO, rivelata nel radio a 218 MHz il 17 Gennaio).

Assumono cosi' significato particolare due iniziative legate alla Hale-Bopp: la NOTTE DELLA COMETA, che abbiamo organizzato per il 5 Aprile, (quindi poco dopo il perielio) quando e' facile prevedere un memorabile spettacolo nel cielo del tramonto, e una conferenza speciale per il 17 Marzo, ossia pochi giorni prima del perielio.


Giove e la Galileo - Parte II: Europa, Ganimede e Callisto.

GLI OCEANI DI EUROPA

Europa (con diametro di 3140 Km) ruota attorno a Giove in 3,5 giorni ad una distanza media quasi doppia rispetto ad Io (671.000 Km) in un'orbita leggermente piu' eccentrica ed inclinata (0,5 ).Ne risulta un riscaldamento mareale da parte di Giove costante anche se solo del 10% rispetto ad Io. La densita' di Europa di 2,97 indica pero' che una buona porzione della massa e' costituita da acqua: una componente leggera che dovrebbe essersi raccolta in uno strato superficiale di alcune decine di Km. Fermo restando che la crosta esterna deve essere ghiacciata a causa della gelida temperatura ambientale, rimane la reale possibilita' che al di sotto ci siano del fondali rocciosi caldi ricoperti da alcuni kilometri di acqua liquida. Nel Marzo e Luglio'79 le sonde Voyager 1 e 2 scoprirono che, effettivamente, la crosta era fatta da ghiaccio ed era solcata da un fitto intreccio di fratture, simili a quelli di una gigantesca banchisa polare, dove la presenza di non piu' di una dozzina di piccoli crateri da impatto ne dimostravano una grande giovinezza geologica. Quasi contemporaneamente (si era, come detto nel 1979) venne fatta una sensazionale scoperta relativa ai fondali oceanici della Terra: quella della presenza (nei pressi delle dorsali calde che attraversano i principali oceani) di soffioni di acqua surriscaldata ('fumatori neri') in grado di far proliferare colonie di straordinarie creature viventi prima sconosciute (fondamentalmente giganteschi vermi tubolari). Ovvio, a questo punto, pensare a simili forme di vita anche nel caso di attivita' idrotermale NON terrestre. Ebbene, questo e' proprio il caso del satellite gioviano Europa, qualora si dimostri in maniera chiara la presenza di acqua liquida sotto la corteccia esterna di ghiaccio e, comunque l'esistenza di un qualunque tipo di attivita' vulcanica ancora in atto. Un'attivita' vulcanica intuibile anche in alcune recenti osservazioni spettroscopiche fatte da Terra. La prima risale al 2 Giugno'94 quando lo Space Telescope scopri' in ultravioletto l'impronta inconfondibile di una debole atmosfera di Ossigeno attorno ad Europa, ma anche possibili bande di assorbimento della SO2 (anidride solforosa) la cui origine piu' probabile, secondo K. Noll (Space Telescope Science Institute), e' attribuibile ad attivita' endogena. Nuova importante osservazione il 5 Giugno'95, quando M. Brown, col riflettore da 1,5 metri dell'Universita' dell'Arizona scopri' attorno ad Europa (dalle due righe classiche a 5896 e 5890) una debole atmosfera di Sodio (70 atomI/cm3 in superficie) estesa fino a 25 volte il raggio del satellite. E questo velo di atomi di Sodio, per analogia di quanto succede su Io, potrebbe benissimo venire emesso dall'interno di Europa. Poi e' iniziato il grande show della sonda Galileo con una serie di incontri progressivamente piu' ravvicinati con Europa. Il 27 Giugno'96 la Galileo, da 156.000 Km ha ripreso 12 immagini dell'emisfero Nord di Europa tra 160 e 290 di Longitudine, con risoluzione di 1,6 Km. Subito ne e' derivata una grossa scoperta: quella secondo cui le striature scure sono costituite da due bande scure laterali di 10-20 km, con al centro una fessura piu' chiara.

Europa da 156.000 Km il 27 giugno '96
Immagine pił grande: 157 K

I margini esterni delle bande scure sono diffusi ed irregolari, a dimostrazione che si tratterebbe di materiale emesso dalla fessura centrale secondo un meccanismo di possibile natura idrotermale. Non meno interessante e' stata la scoperta di decine e decine di formazioni circolari scure con cuore interno chiaro e in rilievo di 1-2 Km rispetto la superficie media: viene quasi da pensare che siano la controparte su Europa dei 'fumatori neri' terrestri! Il 6 Novembre'96, da 41.000 Km la risoluzione della Galileo e' arrivata a 420 metri e questo ha fornito una seconda importante scoperta: quella della presenza sulla superficie di Europa, di lunghe increspature con fessurazione centrale somiglianti alle dorsali oceaniche terrestri (anche se di taglia enormemente inferiore).

Europa da 33.400 Km il 19 dicembre '96
Immagine pił grande: 82 K

Si tratta, forse, delle strutture geologiche piu' giovani finora trovate nel Sistema Solare ed e' immediato interpretarle come centri di attivita' effusiva. Il 19 Dicembre'96 da 695 Km la risoluzione della Galileo e' arrivata a 50 metri ed ha permesso di confermare e completare il panorama precedente con immagini veramente sensazionali. In particolare si e' potuto constatare una diffusione generalizzata di sottili increspature rettilinee a doppia parete, con una specie di fessurazione nella parte mediana: si tratterebbe di zone dove avviene, od e' avvenuta, emissione di materiali resi volatili o dall'elevata temperatura o da una natura intrinsecamente gassosa. In piu', per la prima volta su un satellite di ghiaccio, sono state individuate porzioni di superficie completamente rinnovate da imponenti colate di materiale ghiacciato. Gli indizi, dunque, che anche Europa abbia un interno caldo sono moltissimi e ben circostanziati. Finora, pero', manca la prova decisiva: infatti, almeno a livello di un'indagine preliminare, le immagini del 19 Dicembre'96 non sembrano aver rivelato emissioni di vapor d'acqua tipo geysers o vulcani in attivita'. Se questo verdetto sara' confermato la risposta alla presenza di calore interno e quindi di un oceano liquido sotto la calotta ghiacciata di Europa dovra' essere demandata alla ricerca di un eventuale nucleo metallico caldo. Uno studio del genere e' legato ad un'accurata misura (dallo spostamento Doppler dei segnali radio) delle variazioni di velocita' subite dalla Galileo nei momenti della massima vicinanza al satellite: cio' fu impossibile il 19 Dicembre'96 a causa dell'eccessiva vicinanza prospettica tra Giove e il Sole; quindi se ne riparlera' il 6 Novembre di quest'anno (1997) in occasione dell'ultimo flyby (1119 Km) tra Europa e la Galileo. In quel momento la Galileo sara' alla sua 11 orbita attorno a Giove, l'ultima del programma ufficiale della missione, che dovrebbe terminare il 7 Dicembre 1997. In realta' alla NASA si stanno gia' facendo i piani per un prolungamento della missione di altri due anni. Denominato GEM (Galileo Europa Mission) questo nuovo periodo sara' impostato soprattutto su una esplorazione intensiva di Europa (per la quale sono programmati addirittura altri 8 flyby!). Subito dopo seguiranno 4 incontri con Callisto: grazie ad essi l'orbita della sonda sara' abbassata di quanto basta per tentare di chiudere in bellezza la missione con due incontri ravvicinatissimi con Io, l'11 Ottobre e il 22 Novembre 1999.

IL CUORE CALDO DI GANIMEDE

Ore 6:29 T.U. del 27 Giugno '96: e' il momento decisivo del primo passaggio ravvicinato (da 835 Km a 7,8 Km/sec) della sonda Galileo con Ganimede, il piu' grande satellite di Giove e, con il diametro di 5268 Km (raggio orbitale=1.070.000 Km, periodo orbitale=7,15 giorni) anche il piu' grande satellite del Sistema Solare.' Da quattro giorni una decina di radiotelescopi stavano raccogliendo, a Terra, i debolissimi segnali emessi dalla sonda (un miliardesimo di miliardesimo di Watt!). Poi, 2,5 ore prima del flyby, sono stati accesi due strumenti di importanza fondamentale: il PWS (Plasma Wave System) adibito alla misura della densita' di elettroni nei pressi del satellite e il MAG (Magnetometro), cui era devoluto il compito di misurare il campo magnetico locale. A partire da 50 minuti prima del massimo avvicinamento il team di G. Gurnett (Universita' di Iowa), responsabile del PWS e' entrato in stato di massimo allarme: lo strumento infatti, costituito da una specie di antenna dipolare in grado di rivelare le radioemissioni tra 5 e 5,6 MHz tipicamente emesse da elettroni in rapido movimento, ha progressivamente evidenziato, a partire da una distanza da Ganimede di 20.000 Km, una densita' elettronica che e'' progressivamente aumentata fino a 100 particelle/cm3, per poi ridiminuire in maniera simmetrica nella fase di allontanamento.

Diagramma del numero di elettroni rivelati dal PWS durante il fly-by del 27 Giugno '96.
Immagine pił grande: 10 K

Era il chiaro indizio di una spessa ionosfera (leggi involucro di particelle cariche) estesa per almeno 1000 Km e spiegabile, nella maniera piu' semplice, con la presenza contemporanea di un consistente campo magnetico intrinseco. Che un satellite come Ganimede potesse avere un campo magnetico (solo Terra e Mercurio, tra i corpi solidi del sistema solare ne posseggono uno) apparve ini come Ganimede potesse avere un campo magnetico (solo Terra e Mercurio, tra i corpi solidi del sistema solare ne posseggono uno) apparve inizialmente quasi incredibile. Ma che questa fosse effettivamente la realta' delle cose venne dimostrato in maniera inconfutabile dal team di Margaret Kivelson (Universita' della California) , responsabile del Magnetometro (MAG): nel momento stesso, infatti, della massima risposta da parte dello strumento PWS, il MAG rivelo' un aumento di 5 volte dell'intensita' del campo magnetico (rispetto a quello generale di Giove) con contemporaneo cambiamento direzionale verso Ganimede.

Diagramma frequenza-tempo del campo elettrico rivelato dal PWS durante il fly-by del 27 Giugno '96.
Immagine pił grande: 44 K

Questa fenomenologia e' stata pienamente riconfermata il 6 Settembre'96, in occasione del secondo flyby della Galileo con Ganimede, questa volta addirittura da soli 264 Km. Fu immediato dedurre che Ganimede doveva possedere un campo magnetico intrinseco di natura bipolare e inclinato di circa 10° rispetto all'asse di rotazione.

Le linee del campo magnetico di Ganimede, secondo quanto rivelato dallo strumento MAG sulla sonda Galileo.
Immagine pił grande: 20 K

Un simile campo magnetico bipolare poteva spiegarsi solo con una provenienza molto profonda all'interno di Ganimede. Era dunque essenziale raccogliere delle informazioni anche in questo senso. Esattamente quanto ottenuto dal team di J. Anderson (Jet Propulsion Laboratory) lo stesso che aveva scoperto, il 7 Dicembre '95, un nucleo metallico all'interno di Io. J. Anderson ha misurato ( dall'esame dello spostamento Doppler dei segnali radio) la variazione di velocita' subita dalla Galileo durante i due flyby ( di Giugno e Settembre) in conseguenza della gravita' di Ganimede : da qui e' stato possibile scoprire la presenza di un nucleo metallico con diametro da 800 a 2600 km , sovrastato da un mantello roccioso di 1000 Km(densita' di 3,4 gr\cm3) e da un guscio esterno di ghiaccio di almeno 800 Km ( densita' 0,6-0,7 gr\cm3). Il raggiungimento di un simile grado di differenziazione implica un qualche episodio di intenso e prolungato riscaldamento con fusione del nucleo metallico e creazione di un campo magnetico intrinseco. Date le ridotte dimensioni ' nel 1991 da un esperto di dinamica celeste come da Renu Malhotra (Lunar and Planetary Institute), circa 3 miliardi di anni fa l'orbita di Ganimede venne temporaneamente resa ellittica da una combinazione di interazioni gravitazionali con gli altri satelliti e questo ne favori' un violento riscaldamento mareale da parte di Giove. Peccato che, secondo i conti di D. Stevenson (Universita' della California), una iniezione di calore cosi' antica non puo' aver mantenuto il nucleo metallico di Ganimede caldo fino ai giorni nostri, quindi non puo' spiegarne l'attuale presenza di un campo magnetico. E' allora sensato ammettere, sempre secondo D. Stevenson, che episodi di riscaldamento mareale si siano ripetuti piu' volte nella storia di Ganimede. Episodi di riscaldamento che avrebbero inevitabilmente dovuto coinvolgere la crosta ghiacciata del satellite in immensi fenomeni di rimodellamento e ringiovanimento superficiale. Cosi' proprio lo studio dettagliato della morfologia superficiale diventa lo strumento fondamentale per la comprensione della storia e della struttura interna di questo straordinario satellite. E qui si inseriscono le sensazionali immagini riprese dalla Galileo durante i flyby di Giugno e di Settembre sia nell'ottico(camera SSI) che nell'infrarosso (camera NIMS).
Le prime immagini di Ganimede vennero riprese all'inizio degli anni 80, dal Voyager 1 da 112.030 Km e dal Voyager 2 da 59.530 Km, che ne mapparono circa l'80% della superficie. La risoluzione massima fu allora di 5 km e permise di scoprire la presenza di due tipi completamente diversi di terreni geologici: alcuni terreni scuri di forma poligonale ricchi di crateri da impatto, quindi antichi, separati da sistemi di striature chiare rettilinee, larghe 4-5 km e con sovrapposti pochissimi crateri, quindi molto piu' giovani. Tra le strutture poligonali antiche la maggiore e' Galileo Regio, che, con un diametro di 3200 Km, occupa circa 1/3 dell'emisfero di Ganimede sempre opposto a Giove. Tutto attorno si estende una banda di creste e fessure parallele denominata Uruk Sulcus. Proprio su questi terreni si e' focalizzata l'attenzione della Galileo nei primi due passaggi ravvicinati di Giugno e Settembre'96, con immagini raccolte alla formidabile risoluzione di soli 70 metri (100 volte meglio dei Voyager). Quasi subito si e' dovuta abbandonare l'idea, desunta dalle immagini Voyager, che i terreni giovani fossero il frutto di attivita' criovulcanica (ovvero fossero dovuti alla fuoruscita di una 'lava' composta di ghiaccio piu' o meno miscelato ad altre sostanze a basso punto di fusione): nelle immagini della Galileo non si e' infatti trovata traccia di quei depositi piatti a forma di lobi multipli tipici delle colate vulcaniche. Rimane, quindi, l'ipotesi che a ringiovanire la superficie di Ganimede abbiano contribuito fondamentalmente deformazioni tettoniche della crosta. Su questo punto la risoluzione della Galileo ha permesso di fare una scoperta fondamentale: quella secondo cui le striature dei terreni giovani, che nelle immagini Voyager mostravano una larghezza media apparente di 4-5 km, sono a loro volta composte da decine di fessure triangolari distanziati di poche centinaia di metri.

Ganimede: Nippur Sulcus di 11.320 Km il 6 Settembre '96.
Immagine pił grande: 97 K

Questo, dal punto di vista geologico ha un significato molto importante: la crosta di Ganimede, infatti, per potersi 'suddividere' in maniera cosi' dettagliata, deve essere molto piu' sottile di quanto supposto in precedenza, cosa comprensibile solo ammettendo che le fonti di riscaldamento interno del satellite siano o siano state molto piu' efficaci di quanto si pensasse. Una attivita' geologica che, a quanto pare, ha avuto parecchie punte di attivita' nel passato. L'episodio principale rimane, verosimilmente, quello avvenuto 2-3 miliardi di anni fa e postulato, come gia' ricordato, da R. Malhotra: fu allora che una enorme quantita' di ghiaccio fresco fuoriusci' dall'interno del satellite, creando la base per la formazione degli attuali terreni chiari striati. Le attuali Regioni scure (tipo Galileo Regio) non sarebbero nient'altro che piccole porzioni dell'antica superficie craterizzata conservatisi intatte: la loro colorazione scura sarebbe semplicemente dovuta alla deposizione, sulla crosta ghiacciata piu' primordiale, di uno strato si sottilissima polvere meteorica. Questa interpretazione dei terreni chiari come ghiaccio 'pulito' e dei terreni scuri come ghiaccio sporco (quindi 'invisibile') e' perfettamente suffragata da alcune splendide immagini infrarosse riprese dalla sonda Galileo. La camera NIMS ha infatti ottenuto, durante il flyby di Giugno, immagini a bassa risoluzione (100 Km) di tutta la superficie di Ganimede sia nella banda tipica del ghiaccio a 2 µ, sia in una banda tipica della polvere idrata a 4,25µ. Risultato: l'assorbimento del ghiaccio a 2 µ risulta localizzato esattamente in corrispondenza dei terreni chiari, mentre si attenua sui terreni scuri dove, invece, diventa predominante l'assorbimento a 4,25 µ. Altri episodi secondari di riscaldamento (mareale) successivi all'evento di riscaldamento e rimodellamento globale postulato da R. Malhotra, sembrano 'scritti' nelle immagini della Galileo. La risoluzione e' infatti sufficiente per permettere una conta dettagliata di tutti i (pochi) crateri da impatto presenti sui terreni striati chiari. Ne risulta cosi', un'eta' geologicamente giovane, ma, certamente non uniforme, nel senso che si va dai 2 miliardi di anni a poco piu' di 0,5 miliardi di anni. Un'ultima domanda a questo punto e' lecita: come sarebbe stato Ganimede in assenza delle interazioni mareali che ne hanno riscaldato e differenziato l'interno? La risposta non e' poi cosi' difficile anche perche', ad aiutarci, c'e' un altro dei grandi satelliti di Giove, vale a dire Callisto.

IL GELIDO DESTINO DI CALLISTO

Callisto (diametro di 4820 Km) ruota attorno a Giove in 16,7 giorni, ad una distanza media di 1.883.000 Km. Con una densita' di solo 1,86 e' il piu' leggero, quindi il piu' ricco di ghiaccio tra i quattro maggiori satelliti di Giove. La sua grande lontananza dal pianeta rende, pero' impercettibile qualunque riscaldamento mareale, quindi qualunque fenomeno di modificazione tettonica della superficie ghiacciata. Questa ipotesi e' stata pienamente confermata nel Marzo e Luglio'79 dal Voyager 1 e 2, passati rispettivamente da 123.950 e 212.510 Km. Allora le due sonde americane, che ripresero circa l'80% della superficie, osservarono che tra i satelliti galileiani Callisto aveva la massima densita' di crateri da impatti di medie (10-20 Km) e grandi (20-60 Km) dimensioni. Impressionanti furono le immagini di due grandi bacini a cerchi concentrici situati lungo l'equatore: Valalla, con diametro esterno di quasi 30.000 Km e Asgard di dimensioni circa dimezzate. La risoluzione di soli 5 km non permise pero' nessuna statistica sui piccoli crateri. La Galileo, nel 1996 ha osservato due volte Callisto: il 9 Settembre da lontano e il 4 Novembre in uno spettacolare flyby da soli 1.100 Km con una risoluzione massima di 30 metri. La vera sorpresa e' stata la quasi completa assenza di crateri di piccole dimensioni (inferiori a 4 Km) non tanto perche' inesistenti, quanto perche' obliterati da uno spesso strato di polvere. Polvere che a questo punto e' un ulteriore indizio di una superficie antichissima ed immutata in quanto costituita, verosimilmente, da materiale depositato da una pioggia mai cessata di micrometeoriti. Una prima dimostrazione potrebbe essere il fatto che Callisto, tra tutti i satelliti galileiani, e' quello che mostra, in spettri NIMS ripresi dalla Galileo a grande distanza gia' nel Giugno'96, la massima intensita' della banda a 4,25 µm (tipica di minerali idrati di Al, Fe, Mg).

Lo spettro NIMS che mostra l'assorbimento a 4,25 µm, dovuto ai minerali idrati.
Immagine pił grande: 14 K

Una ulteriore dimostrazione che si tratta veramente di sottilissima polvere micrometeorica risiede nella sua distribuzione, diciamo cosi, geografica. La polvere, infatti, sembra concentrarsi nelle zone piu' incavate mentre sembrano ripulirsi per gravita' i bordi dei crateri e le cime delle colline.

Callisto da 1587 Km (4 Novembre '96).
Immagine pił grande: 116 K

Lo spessore dello strato di polvere puo' raggiungere anche valori ragguardevoli (da poche decine a qualche centinaio di metri) ma, di sicuro, il terreno sottostante e' formato da ghiaccio primordiale che viene messo allo scoperto solo in occasione di impatti meteorici violenti e non troppo antichi: ecco perche' appaiono bianche e brillanti le raggiere di alcuni grandi crateri da impatto ed ecco perche', in alcune splendide immagini NIMS, ottenute dalla Galileo 90 minuti prima del flyby del 4 Novembre'96, e' massimo, entro gli stessi crateri, l'assorbimento del ghiaccio a 3 µ. Tutto chiaro, dunque, nella storia geologica di Callisto? Sembrerebbe di si': salvo sorprese, sempre possibili, durante l'ultimo e piu' importante flyby con la Galileo, quello del 25 Giugno'97, programmato da soli 419 Km.


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