GAT - Gruppo Astronomico Tradatese
Allegato alla Lettera N°76

ASTRONAUTICA NEWS

A cura di Piermario Ardizio

Viviamo in una epoca in cui le scoperte si susseguono ad un ritmo incalzante, ma non sono uniformemente distribuite tra le varie discipline scientifiche. Questo aumenta il rischio di avere ricercatori frustrati non tanto dalle mancate scoperte, ma dal fatto che, per compiere il balzo successivo, sarà forse necessario più di una generazione di scienziati. Il risultato potrebbe essere catastrofico: si vedono infatti forzati a ricercare nelle immagini, ormai troppo vicine ai limite strumentale, le prove di qualcosa che la mente vorrebbe scoprire ma, purtroppo, che va al di la' degli attuali mezzi tecnologici. Il prossimo mese di maggio un autorevole scienziato ci guiderà attraverso questo labirinto di nuove scoperte. Parliamo ora del libro: "non siamo mai scesi sulla Luna", i cui contenuti a volte prendono il tono di una barzelletta a dispetto di tutte le leggi della fisica e dell'ottica. Ecco alcuni esempi. Nelle foto degli astronauti l'orizzonte della Luna sembra troppo vicino per essere vero. Bella scoperta: il raggio della Luna è pari a 0,27 volte quello terrestre e con un banale conto geometrico si può verificare che l'orizzonte lunare si trova a soli 3-4Km di distanza! Anche le foto che, a detta di qualcuno, dovrebbero evidenziare le stelle, dimostrano la scarsa preparazione dei sostenitori di tale tesi: sfido chiunque a mostrarci una foto scattata quando il sole è a 15-20° di altezza, in cui si vedano delle stelle! Certo sulla Terra c'è l'atmosfera che ne impedisce la visione, ma sulla Luna, dove l'atmosfera non esiste, è comunque giorno e le pose fotografiche sono quindi brevi, insufficienti per catturare la debole luce delle stelle. A tal proposito possiamo ricordare la difficoltà delle sonde interplanetarie nel riprendere le stelle durante le loro ricognizioni fotografiche in prossimità dei pianeti, malgrado usino dei CCD, la cui elevata sensibilità è assolutamente imparagonabile con le pellicole usate dagli astronauti. Una nota conclusiva potrebbe riguardare la corsa alla Luna, perchè non dimentichiamo che i russi con il loro razzo N1 volevano bruciare sul tempo gli americani. Vi sembra che se quella degli Americani fosse stata una burla, i Russi sarebbero stati zitti e non avrebbero smascherato gli imbroglioni? Non ci resta che concludere qui: al prossimo viaggio al Kennedy Space Center ci tratterremo qualche minuto a meditare sotto quel grattacielo volante, quel mostro metallico lungo 111m chiamato Saturno V, uno dei tre esemplari rimasti a Terra a ricordarci come l'uomo preferisca la guerra alla scienza e come le "bassezze umane" abbiano sempre la precedenza sul buon senso e sull'intelligenza. Malgrado tutto, la sete di conoscenza dell'uomo, per fortuna, non si placa e nuovo nettare nel calice della conoscenza, verrà proprio dalla sonda TRACE (Transition Region And Coronal Explorer), lanciata alle 9:42 pm (EST) dalla NASA, lo scorso 1° Aprile, dalla costa californiana con un Pegasus XL. La navicella, costata 39 milioni di $, si è inserita su di un'orbita polare a circa 650Km di altezza da dove potrà osservare costantemente il sole per l'intera durata della missione, prevista di un anno. Lo scopo è quello di capire il meccanismo di riscaldamento della materia presente nella corona solare, ovvero perchè la temperatura cresce invece che diminuire allontanandosi dalla fotosfera solare: si passa infatti dai circa 6.000°C della superficie a oltre 5.000.000°C nell'alta atmosfera, dove si producono i bursts, diretti responsabili dei problemi al trasporto di energia elettrica ed alle comunicazioni terrestri. Un piccolo magnete, usato come riferimento sull'esterno dei razzi laterali dello Space Shuttle, si è staccato per cause accidentali ed è disperso da qualche parte all'interno del VAB: intense ricerche sono state condotte per ritrovarlo e provare così che non sia stato sigillato all'interno dei booster. Simulazioni al computer hanno comunque evidenziato come la sua accidentale presenza all'interno dei razzi a combustibile solido (SRB) non pregiudichi la sicurezza del volo. Del resto la probabilità che tale magnete possa essere stato sigillato all'interno di uno dei 4 segmenti risulta piuttosto bassa: basti pensare che l'elevato monitoraggio del lavoro effettuato durante la fase di assemblaggio localizza anche la presenza di capelli umani! Tutto è così pronto per il volo di maggio che porterà il Discovery all'appuntamento con la Stazione Spaziale MIR. Su di essa, proprio in questi giorni, due cosmonauti russi fluttuavano, liberi nello spazio, in una serie di uscite extraveicolari (EVA), necessarie all'installazione di un nuovo motore per il controllo di assetto, in sostituzione di una vecchia unità che aveva dato alcuni problemi. Queste operazioni dovranno permettere alla MIR di restare in orbita almeno un altro anno per essere usata come banco di prova per la futura International Space Station. Questi due anni trascorsi sulla MIR sono stati, a detta della NASA, un'esperienza indispensabile ed insostituibile; infatti una cosa è pianificare e teorizzare come lanciare, gestire e far funzionare una Stazione Spaziale, ben diverso è averne una lassù con uomini a bordo che devono vivere e lavorare nello spazio e che quotidianamente devono gestire i problemi che presenta la vita su un avamposto al confine con l'ultima frontiera. Qui i problemi sono reali e necessitano di soluzioni efficaci. Queste soluzioni non possono annegare nella burocrazia; i compiti di ciascuno devono essere ben definiti, ed in ogni caso, le soluzioni devono essere rapide e ciascuno deve fare del suo meglio affinchè le difficoltà lassù vengano prontamente risolte. Infatti uno dei problemi da affrontare nella gestione di una stazione orbitale con componenti internazionali, è proprio stabilire le competenze di ciascuno: chi deve fare cosa, come e quando. Proprio a queste domande l'esperienza della MIR è stata determinante. Russi e americani sono infatti stati costretti a trovare soluzioni e compromessi. Lo scopo primario era la salvaguardia degli equipaggi che volavano sopra le loro teste e che aspettavano risposte concrete alle situazioni, a volte drammatiche, che la realtà della MIR poneva sotto i loro occhi. Quando A.Thomas tornerà a terra in Giugno, gli astronauti americani avranno trascorso più di 800 giorni nello spazio. Prima di lui D.Wolf, preceduto da M.Foale protagonista della prima vera odissea spaziale. Invece J.Lineger e J.Blaha avevano seguito le orme della prima donna, S.Lucid, che detiene il record di permanenza nello spazio come astronauta americano, essendo rimasta a bordo della MIR per ben 188 giorni: un doppio record sia come donna sia come astronauta! Le missioni Shuttle-MIR hanno insegnato molto ai tecnici a terra. Un primo importante concetto riguarda il modo di gestire un problema: per primo si deve tener conto della sicurezza dell'equipaggio e verificare che si stia facendo tutto il possibile per risolvere la situazione, una volta rimosso il pericolo si deve trovare la causa del problema e sistemarla in modo che non si ripeta di nuovo. Certamente l'esperienza maturata nella gestione dei problemi a bordo, occorsi nel 1997, è sicuramente il "ritorno" più importante dell'anno trascorso. Una collisione catastrofica, un incendio, una interminabile catena di avarie ai sistemi di bordo, hanno trasferito nelle mani dei tecnici russi e americani una esperienza incalcolabile nel gestire situazioni di emergenza nello spazio, a dimostrazione di come spesso si impari molto di più dagli insuccessi che non dai successi. I benefici riguardano non solo la capacità di capire le cause di quanto accade, ma soprattutto la capacità di trovare e applicare le soluzioni che troveranno largo impiego sulla futura stazione spaziale di cui tutti parlano, ma che nessuno sa ancora dire quando verrà realizzata. Infatti la data di lancio del primo modulo, prevista per la metà di giugno è slittata a metà estate: conseguentemente anche il lancio dello Shuttle STS-88 (che il GAT si apprestava a seguire) è stato rinviato a settembre (ma potrebbe slittare ancora). In questo clima di incertezza ci sembra utile riprendere alcuni brani, tratti da giornali americani, che hanno chiesto l'opinione del pubblico su questa storia infinita (il rinvio questa volta è dovuto a problemi nella scaletta dei lanci NASA). Sostenitori e oppositori si incalzano portando ciascuno le proprie tesi a sostegno della loro idea, l'opposizione più forte viene da chi teme che la stazione sottragga consistenti risorse ai progetti minori di esplorazione spaziale, mentre tra i sostenitori quelli più arrabbiati sono coloro che rilevano, nella gestione della Stazione Spaziale, una pessima condotta nello stabilire cosa bisogna fare e quando andrebbe fatto, con rinvii continui e revisioni di bilancio che hanno ridimensionato molto il progetto iniziale. Questo ha avuto pessime conseguenze sia sulla struttura finale che sulla sua effettiva utilità. Forse hanno ragione coloro che sostengono che, se occorre risparmiare, è inutile intraprendere una sfida così impegnativa. D'altra parte è ovvio che una volta definito un progetto, si può certamente migliorarlo, ma questo diventerebbe un processo infinito se ad un certo punto non si cominciasse a realizzarlo, ed è quello che noi speriamo per il 1998.


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