GAT - Gruppo Astronomico Tradatese

Lettera n°78

L'avventura della NEAR

Sommario:



Introduzione

Il 1999 si annuncia come un altro anno di grandi appuntamenti astronomici. Primo tra tutti e' naturalmente la GRANDE ECLISSE TOTALE DI SOLE dell' 11 Agosto (che seguiremo molto probabilmente dalla Turchia). Poi nella notte tra il 17/18 Novembre e' prevista l'ultima grande PIOGGIA METEORICA DI LEONIDI dei prossimi cento anni. Sono inoltre molteplici gli appuntamenti spaziali: il 28 luglio la sonda DS-1 (Deep Space 1) incontrera' l'asteroide 1992 DK, in autunno Marte sara' raggiunto dai due componenti della missione Mars 98 (Orbiter in Settembre e Lande in Dicembre) nonche' dalla navicella giapponese Nazomi (Ottobre), tra Ottobre/Novembre la sonda Galileo tentera' due incontri ravvicinati mozzafiato col satellite gioviano Io.
Purtroppo, nonostante tutte queste premesse, l'anno e' iniziato davvero male: la sonda NEAR ha fallito l'attesissimo appuntamento orbitale con l'asteroide EROS, inizialmente programmato per il 10 Gennaio'99. La ragione: la mancata prima accensione del motore di bordo, programmata per il 20 Dicembre'98 (la NEAR era ormai a 242.000 da Eros) e la perdita temporanea di ogni contatto con la Terra. Una seconda accensione il 28 Dicembre'98 (con la NEAR a 21000 da Eros) ed una terza accensione il 3 Gennaio'99 (con la NEAR ormai a 5.000 Km da EROS) avrebbero permesso il primo storico inserimento della sonda in orbita attorno all'asteroide alle 15 T.U. del 10 Gennaio'99. Fortunatamente, dopo 27 ore, il collegamento NEAR-Terra si e' ripristinato automaticamente. Questo ha permesso di riprogrammare la sonda in modo che, passando a 4.100 Km da EROS il 23 Dicembre'98, ne potesse riprendere ed inviare a Terra 1.100 immagini. Da esse, pur con una risoluzione non superiore ai 500 metri', e' stato molto interessante poter costatare come la forma di EROS sia molto simile a quella prevista teoricamente dalle osservazioni da Terra (vedi oltre). Nulla di paragonabile ad un inserimento in orbita ma, sicuramente, un grosso aiuto perche' questa manovra possa essere realizzata quanto prima. Secondo le previsioni, l'accensione per 24 minuti del motore di bordo programmata per il 3 Gennaio'99 dovrebbe portare ad un inserimento di NEAR in orbita attorno ad EROS nel Febbraio del 2000, ossia con un anno esatto di ritardo.
Figura 1
28 dicembre 1998, h15:44 - 17-44 T.U.: le storiche prime immagini di EROS ottenute dalla sonda NEAR tra 11.100 e 5.300 km. In questo periodo l'asteroide ha compiuto circa mezza rotazione.
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Alla scoperta dei misteri di EROS

5 Novembre 1998: l'emozione e' grande tra gli scienziati del Laboratorio di Fisica Applicata della John Hopkins University. Dopo 18 minuti di attesa, sui monitor dei computer viene infatti ricevuta la prima immagine di 433 EROS, il misterioso asteroide obiettivo primario della sonda NEAR (Near Earth Asteroid Rendezvous), in quel momento a 321 milioni di Km dalla Terra. In realta', non si tratta di un'immagine eclatante: trovandosi infatti NEAR a 4 milioni di Km da EROS, la sua impronta si identifica in un singolo pixel luminoso all'interno della costellazione della Norma. Ma il segnale ricevuto e' comunque molto importante perche' fa parte di una sequenza di riprese necessarie per definire con estrema precisione l'esatta posizione della sonda. Questo in preparazione di un momento assolutamente decisivo, programmato per il 20 Dicembre'98: quel giorno, infatti il motore principale della NEAR si doveva accendere per 20 minuti con lo scopo di rallentarne drasticamente la velocita' relativa e di preparare l'inserimento della sonda in orbita attorno ad Eros a partire dal 10 Gennaio'99. Purtroppo, come spiegato in altra parte di questa lettera, questa operazione fondamentale e' clamorosamente fallita, procrastinando forse di un anno il proseguimento della missione verso Eros.
433 EROS venne scoperto il 13 Agosto 1898 indipendentemente da G.Witt (direttore dell' Osservatorio di Berlino) e dal francese A. Chalois. Orbita attorno al Sole in 1,76 anni, con inclinazione di 10,8° e distanza variabile da 1,13 a 1,78 U.A. (causa una eccentricita' e=0,223). La sua orbita, dunque, interseca quella di Marte ma non quella della Terra: si tratta quindi di un asteroide EGA (ossia sfiorante la Terra) del tipo AMOR. Secondo uno studio pubblicato nel 1996 da P.Farinella ed altri, i frequenti passaggi di EROS vicino a Marte ne abbasseranno il perielio ad 1 U.A. in circa 0,55 mlioni di anni: come conseguenza gli stessi autori hanno calcolato che c'e' almeno il 50% di probabilita' che l'asteroide colpisca la Terra entro i prossimi, 1,14 milioni di anni. Dimensionalmente EROS e' il maggiore tra i circa 250 EGA conosciuti, seguito da 1036 Ganymede (5,1x1,8 Km). Secondo un recente lavoro di V.Zappala' ed altri (1997) sia Eros che Ganymede mostrano proprieta' spettroscopiche simili a quelle di 12 membri della cosiddetta famiglia di 170 Maria, un gruppo di 70 asteroidi derivanti (per frammentazione) da un precursore comune e individuati gia' 70 anni fa da K. Hirayama.
Come Ganymede, anche EROS ha una forma completamente irregolare. Gli studi piu' completi sulle sue caratteristiche geometriche risalgono al 23 gennaio 1975, quando sfioro' la Terra da soli 22 milioni di Km: in quell'occasione vennero raccolti dati di riflessione radio (J.Ostro da Goldstone) che elaborati con moderni sistemi di calcolo hanno recentemente confermato una forma estremamente allungata di circa 41x14x15 Km. Questi dati concordano molto bene con misure di interferometria a macchie (speakle interferometry) condotte da J.Drummand allo Steward Observatory il 17/18 Dicembre 1981 e con le curve fotometriche nelle quali le variazioni di ampiezza raggiungono 1,5 magnitudini. Ma EROS non ha semplicemente la forma di un classico sigaro: lo dimostrano (assieme alle immagini radar di J.Ostro) le irregolarita' (due massimi e due minimi) nelle curve fotometriche, riscontrate da R.Millis gia' nel 1976 e interpretabili con la presenza di un'ampia concavita' lungo la dimensione maggiore. Il periodo di rotazione, ricavato dalle stesse curve fotometriche, e' di 5,27 ore.
Dagli studi spettroscopici (1984) di Mc Fadden (forte assorbimento UV ed emissione nel vicino infrarosso, banda di assorbimento ad 1 µ) EROS e' risultato un asteroide chimicamente evoluto di tipo S, quindi ricco di olivine, pirosseni e Ferro/Nichel. L'albedo piuttosto alto (0,16) misurato da Lebofsky gia' nel 1979 e' in perfetto accorso con questa conclusione. Un altro dato molto interessante deriva dagli studi infrarossi pubblicati da S.Murchie e C. Pieters nel 1996: in base a questi dati il rapporto Pirosseno/Olivina appare variabile sulla superficie di EROS, con una maggior concentrazione della parte pirossenica in corrispondenza dell'ampia concavita' presente nelle immagini radar.
C'e n'è abbastanza per far capire quanto grande fosse l'attesa per l''esplorazione della NEAR, programmata sia per chiarire l'origine di EROS (frammento collisionale proveniente dalla fascia asteroidica interna o ex cometa) e, piu' in generale, i (controversi) collegamenti tra gli asteroidi di tipo S e i (tanto diffusi) meteoriti di natura condritica. L'incidente dello scorso 20 Dicembre'98 e il conseguente (si spera) momentaneo ritardo nell'esplorazione di Eros, non puo', comunque, cancellare tutto quanto di buono la missione NEAR ha raccolto nel suo lungo tragitto di avvicinamento ad Eros, iniziatosi con il lancio del 17 Febbraio 1996. Parliamo specificatamente dell'esplorazione di un altro asteroide, 253 Mathilde (27 Giugno'97), del flyby con la Terra (23 gennaio'98) per correggerne la traiettoria fuori eclittica verso Eros, nonche' dell'osservazione della cometa Hyakutache (24 Marzo'96) e di vari GAMMA bursts.



Incontro con Mathilde

L'incontro con 253 Mathilde, avvenuto alle 12:55 U.T. del 27 Giugno '97 da 1200 Km di distanza e' stato di una importanza certamente non inferiore a quello programmato con Eros. Piu' precisamente Mathilde e' stato inserito negli obiettivi principali della NEAR dopo una scelta tra ben 43 altri candidati. La ragione essenziale sta nel fatto che si tratta dei un asteroide di classe C (dove C sta per ricco di carbonio, quindi estremamente scuro), chimicamente molto diverso da tutti gli asteroidi finora studiati da vicino (Gaspra, Ida e lo stesso Eros) che sono invece di classe S (ovvero rocciosi). Piu' in generale gli asteroidi di tipo S occupano la regione piu' interna della fascia asteroidale tra Marte e Giove ed essendo costituiti da olivine, pirosseni + una porzione di Ferro/Nichel sembrano aver subito, comunque una qualche differenziazione. Per contro gli asteroidi di tipo C tendono ad addensarsi verso l'esterno della fascia asteroidale e mostrano chiare somiglianze con una classe molto particolare di meteoriti ricche di carbonio, le cosiddette condriti carboniose: questi meteoriti potrebbero quindi avere negli asteroidi di tipo C la loro origine diretta. La loro colorazione estremamente scura si spiega, probabilmente, proprio con l'abbondante presenza di composti organici a base di carbonio, rimasti invariati da quando, 4,6 miliardi di anni fa, si cominciarono a condensare i vari corpi del Sistema Solare: da qui l'idea che questi oggetti siano i piu' antichi ed indifferenziati che si conoscano.
Figura 2
Mathilde ripreso dalla NEAR in allontanamento: l'immagine più grande è stata ripresa alla minima distanza di 1.212 km (fase di 92° e risoluzione di 160m), quella contraddistinta dalla lettera "a" ad una distanza di 1.780 km (fase di 58° e risoluzione di 230 metri), l'ultima in alto a destra da una distanza di 11.540 km (fase di 58° e risoluzione di 230 metri).
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Mathilde venne scoperto nella notte del 12 Novembre 1885 a Vienna da Johann Palisa. Pochi giorni dopo fu V.A. Lebeuf (Osservatorio di Parigi) a calcolarne per primo i parametri orbitali (l'oggetto ruota attorno al sole in 4,3 anni su un'orbita inclinata di 6,7° sul piano dell'eclittica e decisamente eccentrica (e=0,266), che lo porta alla minima distanza dal Sole di 1,94 U,A. ed alla massima distanza di 3,55 U.A.). Fu lo stesso Lebeuf che, diciamo per far piacere all'allora vicedirettore dell'osservatorio parigino Moritz Loewy, propose di assegnare al nuovo asteroide il nome della bellissima moglie di quest'ultimo, certa Mathilde appunto.
Tra il Dicembre 1995 e il Maggio 1996 A.S. Rivkin (Arizona Univ. e B.E. Clark (Cornell Univ.) hanno compiuto approfondite osservazioni infrarosse di Mathilde con il telescopio IRTF sul Mauna Kea, alle Hawaii. Risultato: Mathilde si comporta fondamentalmente come un asteroide di classe C, senza, pero', l' assorbimento a 3 µ dell'acqua di idratazione presente in circa il 60% degli asteroidi di questa classe. Caratteristica primaria degli asteroidi di tipo C e' quella di essere estremamente scuri: per Mathilde le misure parlano di un albedo di 0,036, ossia di un colore due volte piu' scuro del carbone! Questo dato di albedo, combinato con l'energia infrarossa globale emessa, risultava compatibile con un diametro medio di almeno 60 Km. Il fatto, poi che le osservazioni alle Hawaii non abbiano mai mostrato variazioni di colore sta ad indicare una superficie particolarmente omogenea.
Nel 1996 il gruppo di Binzel ha trovato una plausibile spiegazione allo strano comportamento spettrale di Mathilde: e' apparsa infatti molto grande l'analogia con certe condriti carboniose (esempio la meteorite di Marchison) sottoposte, in laboratorio, ad un violento riscaldamento fino a 1000°C. Da qui l'ipotesi che 253 Mathilde potesse ssere composto proprio da questo tipo di materiale condritico carbonioso modificato da processi termici o da violenti impatti (con perdita dell'acqua ed ulteriore annerimento chimico della matrice carboniosa). Alla NEAR era riservato il compito di chiarire e migliorare questo quadro analitico cosi' complesso.
Figura 3
Lo spettro della meteorite di Murchison scaldata fino a 1000°C, confrontata con quello di un asteroide di classe C.
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Il primo obiettivo del sorvolo di Mathilde da parte della sonda NEAR era quello di riprendere a grande risoluzione almeno il 60% della misteriosa superficie per determinarne le principali caratteristiche morfologiche: qui. infatti, sta scritta la storia passata di questo come di ogni altro asteroide. Questo grazie alla camera multispettrale di bordo denominata MSI che, essendo in grado di operare dal blu fino al vicino infrarosso (400-1100 nm) poteva anche dare informazioni sulla composizione chimica della superficie stessa. Infine si sono poi scrutati con insistenza i dintorni dell'asteroide alla ricerca di eventuali satelliti (simili, per esempio al piccolo Dattilo scoperto dalla sonda Galileo attorno ad Ida e probabile frammento di un violento impatto superficiale).
Conviene comunque ricordare che l'obiettivo primario di NEAR NON era Mathilde, quanto invece l'asteroide EROS, attorno a cui NEAR e' destinata ad entrare in orbita per compiere studi approfonditi da una posizione (quella orbitale) assolutamente previlegiata. Per questo tipo di studi sono stati inseriti a bordo sei strumenti principali: una camera multispettrale La gia' ricodata MSI), tre spettrometri nelle bande infrarosse, X e Gamma, un magnetometro ed un laser altimetro. Mathilde invece e' stato un fantastico 'bonus' realizzatosi in condizioni ben diverse da quelle per cui la navicella e' stata costruita. Basti dire che si e' trattato di un flyby velocissimo a 9,9 Km/sec (cui la NEAR non era per niente inizialmente predisposta) e per di piu' in condizioni limite per quanto riguarda l'approvigionamento energetico. I pannelli solari di bordo, infatti, disegnati per funzionare vicino al Sole (dove si muove EROS), erano in situazione estrema nel momento dell'incontro con Mathilde (quasi 300 milioni di Km dal Sole): da qui la necessita' di lavorare con uno solo dei cinque strumenti di bordo, precisamente la camera multispettrale MSI.
Dopo un centinaio di immagini astrometriche, riprese da lontano per definire al meglio la posizione dell'asteroide, la copertura fotografica vera e propria e' iniziata 5 minuti prima del massimo avvicinamento, con l'asteroide in fase molto stretta di 140° e si e' conclusa 20 minuti dopo il massimo avvicinamento in condizioni di ottima illuminazione (fase di 40°). In totale sono state ottenute 534 immagini delle quali 144 alla massima risoluzione di 160 metri, nei sei minuti a cavallo della minima distanza di 1212 Km.
Subito e' apparsa evidente quella che, sicuramente, e' stata la maggiore sorpresa: su quel blocco di roccia di 57x53x50 Km erano infatti visibili almeno 5 crateri di dimensioni comprese tra 19 e 33 Km di diametro e profondita' di 5-6 Km. Sulla superficie di Gaspra ed Ida la Galileo non aveva trovato crateri di simile taglia ne', secondo l'opinione della maggior parte degli scienziati, avrebbe mai potuto trovarli perche' simili impatti sembravano piu' che sufficiente per..... disintegrare tutto l'asteroide! Come abbia fatto un corpo del diametro medio di 52 Km ha sopportare simili traumi e' un autentico dilemma che ci costringe a rimeditare non poco sulle caratteristiche teoriche di resistenza agli urti di questi corpi. Interessante e' anche l'assenza di quei grossi massi (200-400 metri) che si sono osservati numerosi nei pressi dei grandi crateri di Phobos e di Ida. Questi detriti si formano in conseguenza di un impatto su una superficie molto rigida e compatta: evidentemente la superficie di Mathilde NON deve avere questo tipo di consistenza.
Figura 4
Confronto tra il bordo del maggior cratere di Mathilde (a sinistra) e di Stickney, il maggior cratere di Phobos (a destra): qui, a differenza che su Mathilde, sono presenti chiari segni di fessurazioni e sono visibili molti massi erranti.
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Ma, per quanto problematica, la presenza di crateri cosi' ampi e profondi ha immediatamente permesso di acquisire un'altra insperata ed importante informazione scientifica, questa volta relativa all'origine dell'asteroide stesso. In pratica le immagini dimostrano che il colore della superficie di Mathilde e' talmente scuro (albedo del 3%!) da confondersi col fondo cielo: nessun confronto con gli asteroidi S Gaspra ed Ida che sono cinque volte piu' brillanti. Soprattutto, anche se si aumentano a dismisura i contrasti, questa colorazione scura rimane omogenea e si mantiene intatta anche sul fondo dei crateri piu' incavati: questa e' una chiara indicazione che la composizione chimica del corpo e' UNIFORME su tutta la sua massa, a dimostrazione che, davvero, gli asteroidi di tipo C sono campioni invariati del materiale originario che diede origine ai pianeti.
Piu' difficile e' stabilire se un corpo come Mathilde oltre che fatto da materiale primordiale, sia anche il risultato dell'assemblaggio di un certo numero di corpi originari di dimensioni minori (planetesimi). La NEAR, comunque, ha tentato anche questa ricerca mediante la misura della densita' media dell'asteroide. Il lavoro, molto delicato, e' stato condotto dal team di D.K. Yeomans (J.P.L.). Il primo step e' stato un calcolo molto preciso della massa totale di Mathilde: 1,033 x 1017 Kg in base alla impercettibile (ma perfettamente calcolabile dallo shift d Doppler dei segnali radio) variazione di velocita' (1,12 mm/sec!) subita dalla NEAR al momento del flyby. Il secondo step e' stata una stima (dalle immagini ottiche) del volume dell'asteroide: 78.000 Km3 con un errore massimo del 20% dovuto alla forma estremamente irregolare. Questo implica una densita' (massa/volume) davvero bassa e non superiore a 1,3 gr/cm3. Questo valore e' sicuramente molto minore del previsto, se si considera che la densita' media del materiale condritico carbonioso che dovrebbe costituire Mathilde e' attorno a 2,8. gr/cm3. Da qui una nuova importante deduzione: il volume dell'asteroide deve essere vuoto per oltre il 50% quindi il suo interno NON puo' essere compatto ma deve essere costituito da una miriade di frammenti impaccati molto grossolanamente. L'ipotesi dell'assemblaggio di planetesimi e' quindi molto piu' probabile di quanto si supponesse e gia' da sola questa possibilita' giustifica l'anomalo comportamento ai grandi impatti: in fondo se si lancia una grossa pietra su un 'mucchio di sassi' e' intuitivo immaginare che non si potranno produrre grandi fratture o fissioni, per il semplice fatto che... le fratture sono gia' presenti come essenza stessa del corpo bersaglio. La tendenza ad una morfologia POLIGONALE dei crateri con diametro >5 Km sembra un'ulteriore conferma a questo ragionamento: il bordo di un cratere perde inevitabilmente di circolarita' se l'impatto avviene su un substrato ricco di fessurazioni preesistenti.
Un altro dei grandi misteri di Mathilde e' la straordinaria lentezza della sua rotazione. Misure fotometriche acquisite nel 1995 indicano un periodo minimo di 17,4 giorni, veramente anomalo se si pensa che due soli altri asteroidi, 288 Glauke e 1220 Crocus, hanno un periodo maggiore (per confronto ricordiamo che Gaspra ruota in circa 7 ore ed Ida in circa 4 ore). La NEAR ha fondamentalmente confermato questo dato (nei 25 minuti a cavallo della minima distanza da Mathilde le ombre non si sono praticamente spostate) ma non ha trovato una immediata spiegazione a questa anomalia. In realta' ci sono almeno due processi in grado di rallentare la rotazione: la perdita copiosa di materiali volatili e l'interazione gravitazionale con un grosso satellite. Se la prima possibilita' sembra esclusa dall'assenza di qualunque traccia spettroscopica di acqua, la seconda e' stata invece presa in seria considerazione. Come abbiamo infatti gia' ricordato, da 10 a 20 minuti dopo il flyby la NEAR ha ripreso circa 200 immagini a grande campo alla ricerca di possibili satelliti. Con un risultato del tutto negativo: non e' statto infatti scoperto, nei pressi di Mathilde, nessun satellite di almeno 200-300 metri di diametro.
 


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