In attesa che sia pienamente disponibile lo splendido salone di VILLA
TRUFFINI, situato in pieno centro di Tradate, e, di recente, completamente
ristrutturato dal Comune, le nostre conferenze pubbliche autunnali torneranno
al cinema P.GRASSI.
Per quanto riguarda il mondo astronomico, gli scorsi mesi estivi sono
stati caratterizzati da almeno tre avvenimenti principali: l'improvvisa
fine della cometa LINEAR S4 (esplosa in decine di frammenti il 26 luglio,
in coincidenza col perielio) (vedi per dettagli la rubrica CCD news), la
scoperta della sonda Mars Global Surveyor di possibili sorgenti di acqua
liquida su Marte (inevitabile che tutto il resto di questa lettera sia
dedicato a questo argomento) e la conferma di un Universo piatto e in espansione
accelerata.
Su quest'ultimo punto un contributo importante è venuto dall'esperimento
BOOMERanG, condotto in Antartide da un'equipe intermazionale di studiosi
guidati dal Prof. Piero de Bernardis, astrofisico dell'Università
di Roma. Proprio grazie ai risultati di BOOMERanG P. de Bernardis ha acquisito
grande fama in tutto il mondo: è quindi un grande evento,
per noi, averlo a Tradate il 20 Novembre prossimo, per una attesissima
conferenza pubblica. Non meno importante è la SERATA SPECIALE di Lunedì 11
Dicembre quando, esattamente alle soglie del 2001, rivedremo e commenteremo
il film 2001, ODISSEA NELLO SPAZIO, un capolavoro immortale che nulla ha
perso del suo fascino nonostante siano passati più di 30 anni dalla
sua prima uscita: anzi le conoscenze astronomiche acquisite in questi anni
ne hanno reso più chiaro e quasi profetico il profondo significato
simbolico.
Ricordiamo, per finire, che è sempre aperto il nostro concorso
annuale in memoria di Eros Benatti. Il tema di quest'anno riguarda
proposte per un autoadesivo che diventerà il simbolo della nostra
Associazione per ....il 3° millennio: siate quindi il più possibile
originali.
Figura 1 5 agosto 2000: la Linear S4 in frantumi in una fantastica foto del
VLT-1. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine.
I due volti del pianeta rosso
Un contributo davvero fondamentale alla storia passata di Marte è
stato fornito, lo scorso anno dalle misure altimetriche dello strumento
MOLA (Mars Orbiter Laser Altimeter) a bordo della sonda Mars Global Surveyor
(MGS). Ne è venuta fuori quella che è la caratteristica principale
di Marte a livello globale, vale a dire una netta DICOTOMIA morfologica
tra i due emisferi: quello Nord liscio, GIOVANEe incavato, quello Sud corrugato,
ANTICO e rilevato. Quello che risulta assolutamente peculiare è
la netta e brusca differenza di quota tra l'emisfero Nord (più incavato)
e l'emisfero Sud: basti dire che lungo una fascia (grossolanamente equatoriale)
di soli 300-1200 km la quota media cambia di ben 5-6 km! La dicotomia altimetrica
si collega ad importanti differenze morfologiche: mentre infatti l'emisfero
australe è scabro e craterizzarto, la superficie dell'emisfero Nord
è una delle più piatte esistenti nel Sistema Solare e paragonabilo
solo ai FONDALI OCEANICI TERRESTRI (dove tutti i rilievi sono livellati
dalla sedimentazione). Da qui l'idea che questo grande bacino settentrionale
non fosse altro che il punto di raccolta della gran parte delle acque liquide
marziane, in quello che è stato definito l' Oceano Boreale: questo
fino a 2 miliardi di anni fa, quando, grazie all'attività vulcanica,
l'atmosfera di Marte era ancora densa e calda.
Figura 2 La traccia dell'antico Oceano Boreale di Marte. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine.
Dove è finita l'acqua di
Marte?
Circa una metà dell' antica acqua marziana si è persa
nello spazio (a causa della bassa gravità del pianeta: solo 3,69
m/sec2 contro i 9,8 m/sec2 della Terra). Il ragionamento parte da un'osservazione
di base: i gas dell' attuale atmosfera marziana (composta per il 95,3%
di CO2, per il 2,7% di Azoto e per il resto di gas nobili) mostrano un
netto arricchimento in isotopi pesanti (C13 rispetto a C12, N15 rispetto
a N14). Questo dato di fatto, accuratamente dimostrato dalle sonde Viking,
è intuitivamente comprensibile se si pensa che sono soprattutto
le speci isotopiche più leggere a perdersi nello spazio. Il valore
più che doppio del rapporto 129Xe/132Xe marziano rispetto a quello
terrestre o solare (2,5 contro 0,98) non è in contrasto con quanto
detto prima: lo 129Xe è infatti un isotopo dello Xeno che si forma
per degasamento dall' interno in seguito al decadimento dello Iodio-129
e che può essersi accumulato in maniera anomala solo in una atmosfera
marziana che aveva quasi completamente perso lo Xeno primordiale. Un ragionamento
concettualmente anologo vale anche per il rapporto Deuterio/Idrogeno D/H
(gli isotopi che compongono la molecola dell'acqua) che, nel caso marziano,
risulta 5 volte superiore rispetto a quello dell'acqua terrestre. Questo
rapporto, però, va confrontato con il valore originale, presente
su Marte nel passato e recentemente risultato il DOPPIO di quello terrestre
grazie allo studio dell'acqua trovata nella meteorite QUE94201, una roccia
marziana di 1,2 miliardi di anni, staccatasi da Marte 3 milioni di anni
fa e trovata in Antartide nel 1994. Per incrementare di 2,5 volte il rapporto
D/H (come detto da 2 a 5 volte quello terresatre) Marte deve aver perso
nello spazio circa il 30-40% della sua acqua originaria. Siccome poi i
dati altimetrici dello strumento MOLA a bordo della sonda MGS, indicano
che circa il 30% dell' acqua originaria è presente come ghiaccio
nelle calotte polari di Marte, è immediato dedurre che una quantità
del 30-40% debba attualmente risiedere al di sotto della superficie come
permafrost.
Acqua liquida ancora possibile?
Prima della missione MGS, R. Hoover (Marshall Space Flight Center) ha
condotto una accurata indagine sulla possibilità che anche attualamente
su Marte ci possano essere oasi di acqua liquida. Il ragionamento di Hoover
si basa su sottili calcoli chimico-fisici che adesso cercheremo di riassumere.
Il punto basilare è il seguente: lo stato fisico dell'acqua (come
di ogni sostanza che può esistere in forma liquida, solida e gassosa)
dipende dalla combinazione di due grandezze, la Pressione e la Temperatura,
in quello che si chiama DIAGRAMMA DI STATO. In altre parole, il fatto che
l'acqua possa esistere allo stato liquido, solido o di vapore dipende dalla
equilibrata combinazione tra temperatura e pressione. Così l'acqua
bolle a T<100°C se la pressione diminuisce (es. in alta montagna)
e a T>100°C se la pressione aumenta (es. pentola a pressione). Aumento
di pressione che abbassa, per contro, il punto di congelamento dell'acqua.
Ma le combinazioni di pressione e temperatura adatte a mantenere l'acqua
allo stato liquido non sono infinite. Esiste infatti un limite di pressione
al di sotto della quale l'acqua NON può più esistere allo
stato liquido: questo limite si colloca esattamente a 6,1 millibar.
Figura 3 Dal DIAGRAMMA DI STATO dell'acqua si dimostra che la pressione marziana
di 6 millibar è ancora sufficiente per avere dell'acqua liquida. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine.
AL DI SOTTO di questa pressione l'acqua (all'aumentare della temperatura)
si trasforma direttamente da ghiaccio a vapore senza passare prima attraverso
lo stato intermedio di liquido. Detto questo, però, il fatto assolutamente
STRAORDINARIO è un altro: la pressione di 6,1 millibar è
esattamente la pressiome media attualmente esistente su Marte ed accuratamente
misurata sia dalle sonde Viking (seconda metà degli anni 70) sia
della navicella Pathfinder (estate 1997). Secondo R. Hoover questo fatto
NON può essere un caso, ma è la testimonianza di un equilibrio
raggiunto naturalmente dall'ambiente marziano durante la sua evoluzione
geologica: se infatti, per qualche ragione (attività vulcanica,
impatti meteorici, variazione di inclinazione dell'asse) nuova CO2 venisse
immessa nell'atmosfera marziana, subito la pressione salirebbe al di sopra
del punto triplo dell'acqua. Basterebbero allora punte di temperatura appena
sopra gli 0°C perchè si abbia copiosa formazione di acqua liquida
che subito riassorbirebbe l'eccesso di CO2 riabbassando la pressione esterna:
raggiunto di nuovo il limite di 6,1 millibar il processo si arresterebbe
per il semplice fatto che, a quella pressione, l'acqua liquida ritornerebbe
termodinamicamente instabile. Basta dunque un aumento della pressione marziana
anche di poco sopra gli attuali 6,1 millibar perchè diventi ANCORA
POSSIBILE la presenza di acqua liquida: il range di temperatura perchè
questo avvenga è molto ristretto (da 0°C a +10°C) ma certamente
compatibile con le temperature diurne spesso >0°C misurate dalle sonde
Viking in certe giornate dell'estate boreale. La presenza di acqua liquida
su Marte, quindi, sembra legata alla ricerca di siti dove la pressione
locale possa in qualche modo superare la soglia critica dei 6,1 millibar.
Questa situazione è in realtà tutt'altro che rara su Marte
dato gli enormi dislivelli riscontrati dalle misure dello strumento MOLA
a bordo della sonda MGS. Precisamente, secondo R. Hoover, almeno il 30%
della superficie marziana, confinata principalmente in tre regioni dell'emisfero
nord (gli antichi fondali oceanici di Amazonis, Cryse ed Elisium) + due
profondi bacini da impatto quasi equatoriali (Argyre ed Hellas), presenta
queste caratterisatiche. Non così gran parte della crosta meridionale
di Marte dove le quote sono mediamente di 3-5 km superiori a quelle dell'emisfero
settentrionale. Non così, in generale, alle alte latitudini polari,
per insormontabili problemi di bassa temperatura.
Detto questo, quando si vanno a rivedere le recenti straordinarie immagini
del Mars Global Surveyor che sembrano testimoniare la presenza su Marte
di un centinaio di giovanissime sorgenti di acqua liquida non si può
non rimanere perplessi.
Le sorgenti compaiono in poco meno dello 0,5% delle immagini
ad alta risoluzione (2-10 metri) acquisite fino al Giugno 2000 (250 casi
su 65.000 immagini), sempre lungo pareti molto scoscere e friabili, ad
una profondità massima di 200-500 metri: per un 50% si tratta dei
bordi interni di crateri da impatto (tra i maggiori Newton, Hale, Maunder,
Babe), per un 30% si tratta di terreni caotici, per un altro 20% si tratta
dell'interno di valli sinuose come Nirgal e Dao. Soprattutto la quasi totalità
(più del 90%) si trova nell'emisfero Sud a latitudini mai inferiori
a 30°. Non meno curioso il fatto che ad essere coinvolte sono soprattutto
le pareti più 'fredde', ovvero controsole (in altre parole: 3 volte
su 4 le sorgenti sono rivolte verso il rispettivo polo). La particolare
morfologia di queste strutture (ben nota a livello terrestre) lascia pochi
dubbi sul coinvolgimento di abbondanti quantità di acqua liquida:
l'acqua sgorga da una serie di infossature collassate della crosta ('alcove'),
precipita verso il basso scavando molteplici canali paralleli a firma di
V ('channels') alla fine di ognuno dei quali si forma un accumulo di detriti
di forma triangolare ('aprons').
Figura 4 Decine di sorgenti intaccano le pareti di un cratere di 6km. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine.
Una delle cose più sorprendenti è la grande giovinezza geologica
delle sorgenti marziane. Questo non tanto (o non solo) perchè nelle
immagini a maggior risoluzione (3 metri!) sono praticamente assenti crateri
da impatto, ma, soprattutto, perchè le relative modificazioni superficiali
sono normalmente SOVRAPPOSTE anche a strutture marziane note per la loro
variabilità su scala temporale molto breve: qualche volta si tratta
di campi di dune di sabbia, altre volte (e questo è davvero il caso
più interessante) si tratta di terreno dove l'acqua corrente ha
dilavato la polvere lasciando scoperto il fondo SCURO sottostante (una
situazione che, secondo le testimonianze delle missioni Viking e Pathfinder,
può persistere solo poche settimane prima che la polvere torni a
ricoprire ogni cosa).
Siamo dunque costretti ad ammettere che nel sottosuolo marziano, a
poche centinaia di metri di profondità, esistano anche attualmente
riserve di acqua liquida. A favorire l'accumulo di acqua, evitandone nel
contempo la dispersione più in profondità, sarebbero, come
sulla Terra, strati sotterranei di terreno impermeabile. Traumi della crosta
in grado di mettere a nudo questi strati impermeabili (crateri da impatto,
canyons, ecc) favorirebbero lo sgorgare dell'acqua liquida ivi presente.
Peccato, però, che le prime sorgenti di acqua liquida marziana siano
state trovate nell'emisfero 'sbagliato' (si ricorderà che la quasi
totalità dell'acqua marziana si raccolse al Nord nel grande Oceano
Boreale), alle latitudini 'sbagliate' (fa troppo freddo tra 30° e 70°
di latitudine Sud dove si collocano quasi tutte le sorgenti finora scoperte),
alle quote 'sbagliate' (in quanto il maggior dislivello di 5-6 km dell'emisfero
Sud rispetto al Nord rende impossibile il superamento della pressione minima
di 6,1 millibar, cui l'acqua ha bisogno per esistere in forma liquida).
Un primo modo per superare l'impasse è stato proposto da K.
Tanaka (U.S. Geologicakl Survey). Tanaka fa notare come, dal punto di vista
geologico, le sorgenti marziane rimarrebbero 'giovanissime' anche se la
loro età fosse di qualche milione di anni. In questo caso, però
la loro collocazione geografica avrebbe una immediata spiegazione. Il tutto
sarebbe collegato ad una delle ben note caotiche variazioni dell' inclinazione
dell'asse di rotazione marziano, che arrivò a sfiorare i 45°
circa 5 milioni di anni fa: l'aumento dell' insolazione sulle regioni polari,
unitamente all'effetto serra indotto dall'evaporazione di gran parte della
anidride carbonica, avrebbero a questo punto creato condizioni ambientali
più che accettabili perchè gran parte dell'acqua ghiacciata
sotto la crosta ritornasse in forma liquida.
Ma secondo M. Malin e K. Edgett, autori primari della scoperta di acqua
liquida, le sorgenti marziane sono così simili agli analoghi terrestri
che la loro età deve essere valutata sulla scala delle settimane
o dei mesi, non dei milioni di anni! Ma il problema basilare di un'età
troppo giovane riguarda la ricerca, su Marte, di FONTI DI CALORE attualmente
in grado di trasformare in acqua corrente il ghiaccio sotterranneo. In
effetti sono in molti, ormai, a credere del calore interno residuo sia
ancora presente su Marte. Questi dubbi sono riesplosi all'inizio di Settembre
di quest'anno, in occasione dell'annuale congresso della Società
Meteoritica Americana quando L. Nyquist (un geochimico del Johnson Space
Center della NASA) ha ridiscusso criticamente le età dei 14 meteoriti
marziani finora conosciuti. L'unica roccia marziana veramente antica (4,5
miliardi di anni) è ALH84001 (quella contenente presunte tracce
di batteri fossili). Tutte le altre si dividono in due classi:quelle giovani
(1,3 miliardi di anni) come le Nahkliti e quelle giovanissime (165 milioni
di anni) come alcune Shergottiti (tra esse la cosiddetta 'Los Angeles'
scoperta di recente in un deserto californiano). L'ovvia spiegazione, per
un geologo come L. Nyquist, è a questo punto quella di ammettere
che siano stati fenomeni vulcanici molto recenti (e forse ancora in atto)
a produrre la crosta da cui si sono staccate le rocce marziane più
giovani.
Certo, le cose si semplificherebbero molto se, come fa notare S. Clifford
(Houston, Lunar and Planetary Institute) il punto di congelamento dell'acqua
si abbassasse di molto, permettendo all'acqua stessa di rimanere in forma
liquida anche alle rigidissime temperature (-70/-100°C) del sottosuolo
marziano. Ci sono almeno due parametri fisici su cui agire al riguardo:
la pressione e la dissoluzione in acqua di opportuni sali. Del discorso
pressione abbiamo già parlato accennando al diagramma di stato dell'acqua:
nel caso specifico è logico ammettere una certa diminuzione del
punto di congelamento dell'acqua marziana trovandosi essa sotto il peso
di qualche centinaio di metri di sedimenti. Più complesso è
il problema della dissoluzione in acqua di sostanze saline. Il principio
(denominato ABBASSAMENTO CRIOSCOPICO) è ben noto in fisica: si tratta
del fatto che il punto di congelamento dell'acqua (0°C alla pressione
di 1 Atm) si abbassa in maniera proporzionale alla quantità ed al
tipo di sostanze saline in essa disciolte (in condizioni limite l'acqua
può addirittura rimanere liquida fino a -60°C). Nel caso marziano
sembra che, a somiglianza degli ocenai terrestri, il Cloruro di Sodio (NaCl)
sia un componente basilare dell'acqua di quel pianeta. Una prova diretta
è stata presentata lo scorso luglio da un team di chimici e geologi
dell'Università dell'Arizona guidati da C. Moore: secondo questa
ricerca i meteoriti marziani più giovani (quindi provenienti dall'emisfero
Nord) sono tutti estremamente ricchi di Cloruro di Sodio, evidentemente
assorbito dall'acqua dell'antico Oceano Boreale marziano in cui erano immersi.
Figura 5 Depositi di NaCl all'interno della meteorite marziana di NACKLA. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine.
Tutto questo è molto importante dal nostro punto di vista: si può
infatti affermare che gran parte dell'acqua marziana era ricca di sali
quindi doveva presentare un certo abbassamento del punto di congelamento.
Abbassamento 'crioscopico' che è stato incrementato non poco da
un fattore forse decisivo anche se normalmente trascurato: parliamo del
progressivo aumento della concentrazione di sali nell'acqua marziana in
conseguenza del fatto che una% non indifferente dell'acqua originaria si
è persa nello spazio a causa della bassa gravità del pianeta.
Non è a questo punto irrealistico stimare che su Marte ci possano
essere riserve di acqua così ricca di sali da presentare un punto
di congelamento di alcune decine di °C sotto lo zero. Fattori determinati
potrebbero allora essere la forte pressione esercitata da qualche centinaia
di metri di sedimenti e una disponibilità di calore geotermico anche
molto modesta. La fuoruscita di acqua 'salata' avrebbe benefici influssi
anche sulla persistenza del fenomeno sorgivo: la salinità dell'acqua
infatti non solo ne abbasserebbe il punto di congelamento, ma anche ne
innalzerebbe la temperatura di ebollizione, impedendone (nonostante la
debolissima pressione) una evaporazione quasi immediata.
E' altamente probabile che questi fenomeni siano in atto su Marte da
migliaia o milioni di anni. Certo che, se così fosse, diventa forse
compresibile anche il mistero della loro collocazione geografica (alte
latitudini australi): evidentemente nelle più 'calde' regioni equatoriali
l'acqua sotterranea se ne deve essere già andata tutta, mentre nel
sottosuolo dell'emisfero Nord, molto più giovane quindi MENO INTACCATO
DA CRATERI E FESSURE, la probabilità della giusta combinazioni di
eventi è molto inferiore che nell'emisfero Sud.